giovedì 12 gennaio 2012

Mickey Mouse presenta: "Oswald, mio fratello"

Di Marino Mariani

Oswald the Lucky Rabbit (Elisabeth Yataky)

Quando nel 1993 Marc Eliot pubblicò la sua biografia non autorizzata dal titolo: “Walt Disney: Hollywood’s Dark Prince”, io, che ero un assiduo frequentatore della libreria Orel Füssli di Zurigo, dopo averla sommariamente sfogliata, me ne impossessai immediatamente, e per 11 anni, fin quando non uscì la tipograficamente modesta traduzione italiana, fui l’unico in Italia a sapere delle trattative tra la famiglia del Duce e quella di Walt Disney per portare una buona parte della produzione cinematografica americana a Roma, negli immensi, modernissimi, sfavillanti studi di Cinecittà. 18 anni dopo, avvalendomi anche delle ulteriori informazioni fornite da internet, ho avuto la soddisfazione di sfoggiare questo mio sapere nell’articolo “Il Duce e Biancaneve” su FM, dove lo potete sempre reperire. Ma col tempo l’apporto informatico (ed informativo) di internet ha perso il suo ruolo di preziosa ausiliarità per assumere una preponderanza praticamente assoluta. E cosÌ la storia dei primi passi di Walt Disney nel mondo della pubblicità e della cinematografia d’animazione, che a quei tempi in USA (anni 1920) andava rapidamente assumendo forma e dimensioni sempre maggiori, nei libri rimane pur sempre avvolta nella caligine di una arcaica indefinizione, mentre sulle ali di internet assume la forma e le fattezze di una viva, vivace, vibrante e perentoria attualità. Perché un miracolo si è verificato quando, verso la fine dell’800, si è messa in moto l’era delle invenzioni: tutte le opere registrate, fotografate e cinematografate sono, per la stragrande maggior parte, salvate e conservate e, con l’ausilio delle moderne tecniche digitali, restaurate, riparate da difetti di fabbricazione e dai danni provocati dal tempo e dall’usura. E tutte queste opere, che hanno passato la vita nei musei, nelle cineteche, negli archivi di stato, nelle raccolte private e nelle fondazioni, con l’avvento di internet sono rinate a nuova e miglior vita e non si ha da fare alcuna fatica per reperirle, perché sono loro a prendere d’assalto gli schermi dei nostri computer. Quando è uscita la biografia di Walt Disney da me citata, immaginavo che le sue prime opere fossero smozzicati frammenti da museo, noti solo agli esperti e tramandati per tradizione orale. Ed invece oggi tutti le possono vedere nella loro forma migliore, perché la possibilità di una loro riattualizzazione e di una loro ricommercializzazione le ha arricchite di parole e musica, nonché di meravigliosi colori. E così possiamo riallacciarci all’articolo sugli enigmi relativi alla paternità di Mickey Mouse, pubblicato su FM  l’11 maggio 2011, questa volta seguendo le informazioni reperibili su internet, invece che il racconto biografico di Marc Eliot. Diciamo subito che Ub Iwerks, che Disney aveva conosciuto quando entrambi lavoravano presso la Pesmen-Rubin Art Studio, dal quale furono contemporaneamente licenziati, sta a Walt Disney pressappoco come Steve Wozniak stava a Steve Jobs. I due fondarono la Apple, di cui Jobs era il genio immaginativo ed organizzativo, le cui idee venivano realizzate da Wozniak. E così Walt Disney, indiscusso genio immaginativo ed organizzativo, poté popolare il mondo di fiabeschi personaggi immortali, disegnati da Ub Iwerks.


Locandina di "Alice Comedies"




A metà degli anni 1920, dopo varie iniziative e disavventure iniziali, i due si ritrovarono a produrre quelle che furono chiamate Alice Comedies, una sorta di semicartoni animati, o di cartoni animati all’inverso, nati da questa idea: una bambina entra in uno studio per sapere come si realizzano i cartoni animati. Alice (così si chiama la bambina) rimane incantata da quello che vede: i personaggi del cartone animato prendono vita e le giocano attorno. Andando a letto quella notte, Alice sogna di essere nel mondo dei cartoni animati, accolta e festeggiata da tutti i personaggi, con i quali gioca, finché un gruppo di leoni, fuggiti dalla gabbia, non si mettono ad inseguirla…Questa idea servì a stabilire lo scenario in cui si svolgerà tutta la succesiva serie di Alice Comedies, in cui il mondo viene concepito come un sogno gioioso. Se, per esempio, consideriamo Mary Poppins in cui personaggi animati (per esempio: i pinguini) vengono inseriti in uno scenario reale, così ho definito le avventure di Alice: come un cartone all’inverso perché qui è un personaggio reale che viene immerso in un mondo animato. Anche qui gli inizi furono difficili, perché Walt e Ub non riuscivano a trovare un distributore per la loro serie di film. Ma alla fine fu firmato un contratto di distribuzione con la Winkler Pictures, un’agenzia diretta da Margaret Winkler assieme al suo fidanzato Charles Mintz. Ed a proposito di fidanzamenti, Walt Disney nel 1925 assunse come disegnatrice ed inchiostratrice la giovane Lilian Bounds, e poco dopo la sposò. Altrettanto fecero Margaret Winkler e Charles Mintz. La serie Alice Comedies ebbe un discreto successo, e si sviluppò essenzialmente sui personaggi animati, tra i quali primeggiava il gatto Julius, disegnato ad immagine e somiglianza di un altro gatto, a quei tempi già celebre in tutto il mondo: Felix the Cat, noto in Italia col nome di Mio Mao. Tale somiglianza non era fortuita, ma spinta dall’agenzia stessa, che distribuiva anche i cartoni di Felix. Dicevamo, dunque, che il maggior interesse per questa serie era prevalentemente rivolto ai personaggi animati, in cui si intravedono già le fattezze di altri personaggi che diverranno universalmente noti nella futura epopea di Topolino (vedi Clarabella ed Orazio Cavezza), mentre l’interesse per la piccola interprete femminile era tutt’altro che entusiasmante. Nel corso dell’intera serie quattro bambine si alternarono nel ruolo di Alice. La prima fu Virginia Davis che, su richiesta di Walt Disney, si trasferì con tutta la famiglia, da Kansas City a Hollywood, ove Disney aveva stabilito la sua sede in società con il fratello Roy. Seguirono Dawn O’Day, Margie Gay ed infine Lois Hardwick. Nel 1927 la serie fu considerata esaurita, e Charles Mintz, che aveva assunto il controllo degli affari della moglie, ordinò una nuova serie completamente animata, da porre in produzione per la casa di distribuzione Universal Pictures.

Oswald the Lucky Rabbit,  produzione Walt Disney 

Il nuovo personaggio era “Oswald the Lucky Rabbit” (ovvero "Osvaldo Coniglietto Fortunato”). Disney firmò un nuovo contratto con Carl Lemmle, capo della Universal Studios, per la produzione di una serie di cartoni animati per Charles Mintz e George Winkler. Il primo cartone di Oswald, “Poor Papa”, fu respinto dalla Universal per la scarsa qualità di produzione, sciatteria e poca freschezza giovanile del personaggio. Dopodiché Disney, assieme ad Ub Iwerks, creò un secondo cartone detto “Trolly Troubles”, (“I Guai d’un Tranvetto”), con un Oswald più giovanile e meglio assestato. Questo cartone inaugurò ufficialmente la serie e costituì il maggior successo fino allora conquistato da Walt Disney, mentre “Poor Papa” fu finalmente messo in circolazione l’anno dopo. “Oswald the Lucky Rabbit” costituì il cavallo di battaglia della “Disney Brothers” per tutto il 1927, ma dopo un anno Walt rimase vittima di un tranello tesogli dalla Universal, che assunse per sé la maggior parte degli animatori di Disney, col proposito di buttarlo fuori dall'affare Oswald. In un primo momento Walt pensò di poter continuare a produrre Oswald con altri animatori e con un altro distributore, ma dopo aver letto tutte le clausole del suo contratto, fu devastato dalla constatazione che il proprietario dei diritti era proprio l’Universal! Quale disgrazia! Ma quale disgrazia? Mentre finivano di produrre gli ultimi cartoni previsti dal contratto, Walt Disney e Ub Iwerks modificarono la figura di Oswald: accorciando di qua, allungando di là, aggiungendo ed arrotondando, il coniglietto Oswald divenne il topolino Mortimer. Nome che fu subito scartato dalla moglie di Walt Disney, in favore dell’eclatante “Mickey Mouse”, il conquistatore di questa galassia.


Oswald di Winkler-Mintz




Nel frattempo Mintz aprì un proprio studio, formato essenzialmente dai vecchi impiegati di Walt Disney, ove continuò a produrre i cartoni di Oswald, tra i quali il primo Oswald con accompagnamento sonoro, “Hen Fruit” (1929). Mentre le cose sembravano andare a gonfie vele per Mintz, gli animatori Hugh Harman e Rudolf Ising chiesero a Lemmle di liberarsi di Mintz, suggerendo che loro, da soli, avrebbero continuato Oswald. Lemmle respinse la proposta, ma soppresse comunque il contratto con Mintz e decise di produrre i cartoni di Oswald direttamente in casa propria, vale a dire all’Universal. Per coincidenza, prima che Oswald passasse in altre mani. Disney e Mintz produssero entrambi 9 cartoni il primo anno, e 17 il secondo. Ma Mintz non continuò a lungo con Oswald, perché Lemmle ingaggiò un altro Walter, di schietta origine italiana: Walter Lantz. Costui, invero, nacque a New Rochelle, New York, da una coppia di emigranti italiani: Francesco Paolo Lanza e Maria Gervasi, entrambi di Calitri, un comune campano a metà strada tra le rovine di Pompei e la città di Amalfi. Alla dogana un funzionario provvide ad anglicizzare il loro cognome in Lantz. Essendo vissuto dal 27 aprile 1899 fino al 22 marzo 1995, e cioè fino all’età di 96 anni, Walter Lantz ha attraversato dal primo fino all’ultimo giorno tutta l’epoca del cinema d’animazione, e nella galleria dei grandi il suo ritratto campeggia a fianco dei massimi esponenti di quest’arte. Il suo massimo capolavoro è quello del travolgente personaggio di Woody Woodpecker, l’uccello picchio burlone che passa la giornata a bucare col becco ogni sorta di materia e sostanza, il cui inno è stato immortalato nella canzone di Danny Kaye:


Ho ho ho ho ho
Ho ho ho ho ho
That’s the Woody Woodpecker song
Ho ho ho ho ho
Ho ho ho ho ho
He’s pecking  it all day long
He pecks a few holes in a tree to see
If a redwood’s really red
.......................................……………

Sin dall’infanzia Walter Lantz mostrò una spiccata predilezione per le belle arti, ed all’età di 12 anni completò con successo un corso di disegno per corrispondenza. S’innamorò dell’animazione quando vide per la prima volta il cartone di Winsor McCay: “Gertie the Dinosaur”. Ebbe il suo primo colpo di fortuna quando lavorava come meccanico: un ricco cliente di nome Fred Kafka rimase colpito dai disegni con cui Walter decorava i bollettini del garage e gli pagò gli studi all’ “Art Student League” e lo raccomandò per il lavoro di copista presso il New York American, un giornale del gruppo Hearst. Walter lavorava di giorno al giornale e frequentava di notte la scuola. A 16 anni Lantz lavorava nel dipartimento animazione sotto la direzione di Gregory La Cava. Cominciò così la sua carriera di animatore, finché nel 1927 lavorò brevemente per due colossi della cinematografia: con Frank Capra e poi, come ideatore di gag (battute spiritose), per le commedie di Mack Sennett. Nel 1928 Walter Lantz fu assunto da Charles Mintz come direttore della serie di cartoni “Oswald the Lucky Rabbit” per la Universal Studios. All’inizio di quell’anno Mintz e suo cognato George Winkler erano riusciti a sottrarre Oswald dalle mani del suo creatore originale, Walt Disney, ma il presidente della Universal, Carl Lemmle ben presto rimase insoddisfatto del duo Mintz-Winkler e li licenziò, e decise, come abbiamo visto, di produrre Oswald direttamente. Una volta, chiaccherando con Lemmle, Lantz scommise che l’avrebbe battuto a poker, e come posta fu fissata la proprietà di Oswald. Walter vinse, e Oswald divenne un suo personaggio! Lantz ereditò molti membri dello studio Winkler, tra cui l’animatore Tom Palmer ed il musicista Bert Fiske, ma la cosa più importante fu la sua decisione di assumere l’animatore di New York Bill Nolan, le cui credenziali comprendevano l’invenzione di un fondale panoramico e lo sviluppo di un rimodernato Felix the Cat. A settembre del 1929 Lantz finalmente produsse il suo primo cartone, Race Riot.

Walter Lantz




Nel 1935 Nolan divenne socio di Lantz, che a sua volta divenne un produttore indipendente, fornitore di cartoni animati per l’Universal, invece che semplice supervisore del dipartimento animazione, e nel 1940 ottenne la proprietà del personaggio su cui lavorava. All’inizio, Lantz consultò Walt Disney a proposito di Oswald, e costui gli diede la propria benedizone e la raccomandazione di andare avanti con quel personaggio, e poiché anche Mickey Mouse andava a gonfie vele, i due divennero ottimi amici. Nel decennio successivo Lantz produsse 142 cartoni animati di Oswald, per un totale definitivo di 194 film per quel personaggio che, nel corso della sua esistenza, era passato nelle mani di tre diversi produttori, prima di ritornare, in tempi recenti, nelle mani della Walt Disney Productions. Da quando Walter Lantz assunse la produzione nel 1929, il personaggio ha subito diversi, reiterati aggiornamenti: innanzitutto guanti bianchi alle mani e scarpe ai piedi, una camicia, un visetto più “attraente”, occhi più grandi, anche una testolina più grande ed orecchie più corte. Nel 1935, col cartone animato Case of Lost Sheep (Il Caso della Pecora Smarrita) ebbe luogo un ammodernamento ancor più radicale: il personaggio fu ridisegnato in modo più realistico, con una pelliccetta bianca invece che nera, via le scarpe, pantaloni e bretelle invece che camicetta e pantaloncini corti. Questo nuovo modello di Oswald costituisce un adattamento direttamente ripreso da un coniglio non-Oswald presente in un altro cartone di Walter Lantz: Fox and the Rabbit (1935) in Technicolor Tipo 2 (vedi su internet la voce: “Two and Three-Strip Technicolor) proiettato due mesi prima come ultimo della vecchia serie Cartune Classic. I cartoni animati contenenti Oswald nella nuova bianca pelliccetta sembravano differenti dai precedenti in più di un particolare, mentre le storie stesse si facevano più delicate e meno crude. Piccoli cambiamenti venivano continuamente apportati nello stile del disegno. Con Happy Scouts (Allegri Esploratori), il penultimo film di Oswald prodotto, la pelliccia del coniglietto da tutta binca divenne una combinazione di bianco e grigio. Al contrario dei cartoni prodotti da Walt Disney, in cui Oswald non parlava, quelli di Lantz cominciarono ad introdurre in Oswald veri e propri dialoghi, benché, all’inizio, la maggior parte dei cartoni della serie fossero ancora muti. L’animatore Bill Nolan fece la voce di Oswald in Cold Turkey (Tacchino Freddo), il primo cartone parlato di Walter Lantz, mentre l’anno successivo Pinto Colvig, che lavorava nello studio come animatore e ideatore di freddure, cominciò anche lui a dar voce a Oswald. Quando Colvig lasciò lo studio nel 1931, fu Mickey Rooney a dar voce ad Oswald fino all’inizio dell’anno successivo.

Oswald di Walter Lantz e Bill Nolan




A partire dal 1932 Lantz smise di utilizzare regolarmente la voce di un attore, e molti membri del gruppo, compreso Lantz, parlarono a turno per tutti gli anni successivi. June Foray fornì la sua voce ad Oswald in The Egg Cracker Suite, che fu l’ultimo cartone animato teatrale in cui apparve Oswald. Nel mese di febbraio 2006 la Disney e la NBC Universal hanno iniziato colloqui per l’amichevole ridistribuzione di beni e di diritti tra le due Case, in cui era previsto il ritorno a Disney di Oswald come personaggio, compreso tutto il materiale prodotto da Walt Disney stesso, ed escluso quello prodotto da Mintz-Winkler e dalla Universal. Accanto ai cartoni animati, in questo articolo pubblichiamo anche un esilarante documentario sulla produzione di cartoni animati alla Universal. Non vi accorgerete che è parlato in inglese, tanto sono espressive le immagini. Quanto ai cartoni animati, sono stati raggruppati, separatamente, quelli prodotti da Walt Disney, quelli prodotti da Mintz-Winkler, ed infine quelli prodotti da Walter Lantz. Buon divertimento.

Cartoonland Mysteries: come si produce un cartone animato



Oswald Walt Disney Production


Oswald Winkler Production


Oswald Walter Lantz Production


(Foto, Bing-Google di pubblico dominio. Click per ingrandire)